Che cos’è l’unsupervised learning?
L’intelligenza artificiale è attualmente l’argomento centrale nel settore IT. I programmi imparano a imitare il pensiero e le azioni delle persone e possono prendere decisioni autonome dopo una fase di addestramento. L’apprendimento automatico è una branca dell’intelligenza artificiale che studia le procedure che permettono a programmi, e quindi a macchine, di apprendere in modo autonomo. Un metodo di apprendimento è l’unsupervised learning.
Che cos’è l’unsupervised learning?
L’unsupervised learning, o apprendimento non supervisionato, è un metodo di analisi dei dati nel campo dell’intelligenza artificiale. In questo caso, una rete neurale artificiale individua somiglianze all’interno di un insieme di input diversi. Nell’apprendimento non supervisionato, il computer cerca di riconoscere autonomamente modelli e strutture all’interno dei valori di input.
L’unsupervised learning è quindi il contrario del supervised learning, dove gli sviluppatori controllano completamente la fase di addestramento e fissano in modo chiaro l’obiettivo di apprendimento. Oltre a questi due metodi di apprendimento, esiste anche il reinforcement learning. In questo caso, gli sviluppatori forniscono solo degli impulsi per influenzare l’addestramento degli algoritmi.
Come funziona l’apprendimento non supervisionato?
In parole povere, questo metodo di apprendimento consiste in una rete neurale artificiale che analizza una grande quantità di informazioni al fine di utilizzarle per determinare relazioni, modelli e somiglianze tra i dati. Questo processo si basa su varie tecniche. Una tecnica del metodo è il clustering, noto anche come analisi dei gruppi. In questo caso, gli algoritmi devono formare in modo autonomo dei cluster, cioè dei raggruppamenti. Successivamente, ai cluster vengono assegnati dei dati.
Ad esempio, se i dati sono composti da foto di cani e gatti, nell’unsupervised learning il programma suddivide tutte le foto nelle due categorie. A differenza dell’apprendimento supervisionato, il risultato non è prestabilito anzi, gli algoritmi devono prendere decisioni in autonomia in base alle somiglianze e alle differenze tra le immagini.
Un’altra tecnica è l’associazione. Le regole di associazione prevedono la categorizzazione dei dati che possono essere collegati ad altri dati tramite determinati attributi. Il compito degli algoritmi è quindi quello di trovare oggetti connessi tra loro, anche se non sono identici. Tornando all’esempio delle foto dei cani, nella tecnica dellassociazione l’algoritmo dell’apprendimento non supervisionato non metterebbe tutti i cani nella stessa categoria, ma assocerebbe, per esempio, un guinzaglio al cane.
In quali contesti si utilizza l’unsupervised learning?
Sono disponibili molti esempi pratici di apprendimento non supervisionato. Dal momento che questo metodo di apprendimento consente ai programmi di imparare le regole di un gioco e quindi anche le strategie vincenti, si utilizza, ad esempio, in borsa, e anche con ottimi risultati. In questo contesto, il programma viene alimentato con informazioni sulle quotazioni di borsa sotto forma di dati grezzi e identifica determinate attività di mercato per prevedere le tendenze.
L’intelligenza artificiale e, in particolare, l’apprendimento non supervisionato, sono, tuttavia, utilizzati anche in molti altri settori. Il processo di clustering permette, ad esempio, di formare gruppi di persone, il che è particolarmente utile nel marketing. In questo caso infatti, il target è l’elemento centrale alla base dello sviluppo di una strategia pubblicitaria. Gli algoritmi possono imparare in autonomia a formare un tale gruppo di persone.
Un settore in cui il principio dell’unsupervised learning è già saldamente ancorato è il riconoscimento vocale. Assistenti vocali, come Siri, Alexa o Google Assistant, funzionano, ad esempio, solo grazie al riconoscimento vocale. In questo modo, i programmi imparano il comportamento linguistico del proprietario e possono, con il tempo, comprendere input linguistici sempre più specifici, anche se il proprietario ha un difetto di pronuncia o parla un dialetto.
Molti smartphone sfruttano già l’apprendimento non supervisionato, ad esempio per mettere in ordine le gallerie fotografiche. Grazie all’apprendimento indipendente e senza supervisione, il dispositivo è in grado di riconoscere le stesse persone nelle foto o di rilevare le stesse posizioni nei metadati. In questo modo, le foto possono essere ordinate in base al luogo in cui sono state scattate o in base alle persone fotografate.
L’unsupervised learning si è dimostrato utile anche nelle chat: la maggior parte degli utenti Internet ha già conosciuto i chatbot. Questi regolano, ad esempio, l’interazione sociale nelle conversazioni virtuali. I chatbot sono quindi in grado di riconoscere insulti, diffamazioni, affermazioni razziste e anche discriminazioni e gli utenti interessati vengono rimossi dalla chat o ammoniti. Anche qui entra in gioco l’intelligenza artificiale. Le chat automatiche del servizio clienti e dei negozi online funzionano in modo simile. Che si tratti di una chat o di una conversazione telefonica, i bot imparano in modo indipendente e in parte senza supervisione.
Un esempio negativo: i chatbot nei social media
Nel 2016 Microsoft ha scoperto, suo malgrado, che l’apprendimento non supervisionato può avere anche un impatto negativo. Il suo chatbot dotato di intelligenza artificiale “Tay” aveva accesso a Twitter e apprendeva attraverso la comunicazione con gli altri utenti della piattaforma. Presto il programma ha iniziato a pubblicare interventi sempre più elaborati, prima utilizzando molte emoticon poi articolando periodi completi. Siccome, tuttavia, l’IA non valutava le dichiarazioni degli altri utenti, il programma è precipitato rapidamente in una spirale di affermazioni offensive contro stranieri e femministe e diffondendo teorie complottistiche, tutto in appena 24 ore. Tay di per sé non era né razzista né sostenitore di una specifica linea politica, ma semplicemente imparava dagli utenti. Il numero di utenti di Twitter che si sono divertiti ad alimentare Tay con questi dati è sconosciuto.
Un esempio positivo: la ricerca genetica
L’unsupervised learning può comunque avere anche un impatto positivo, come nel caso della ricerca genetica. In questo contesto, il clustering aiuta ad analizzare il materiale genetico. Grazie all’intelligenza artificiale e ai suoi metodi di apprendimento, il campo medico e quello tecnico si avvicinano sempre di più e la ricerca può accellerare enormemente in modo che malattie ereditarie, come l’anemia falciforme o la cecità ereditaria, possano in futuro essere trattate e curate.
Vantaggio dell’apprendimento non supervisionato rispetto ad altri metodi
Apprendimento automatico non significa solo progresso tecnico, ma anche aiuto e semplificazione in molti settori della vita quotidiana. È un arricchimento per la vita di tutti i giorni, per le imprese e anche per la ricerca. A differenza degli altri due metodi di apprendimento (supervised learning e reinforcement learning), gli sviluppatori non sono coinvolti nell’addestramento vero e proprio. In questo modo assicurano, oltre a un possibile risparmio di tempo, anche un ulteriore vantaggio: il riconoscimento di modelli che un operatore umano non aveva riconosciuto prima, permettendo a questi algoritmi di sviluppare anche idee creative.