Nell’età digitale contemporanea siamo esposti a un enorme sovraccarico cognitivo. Chiaramente questo va a influenzare il comportamento dei clienti e rende più complicate le loro decisioni di acquisto. La colpa di questo è da ricercare soprattutto nei mass media: la televisione non ci offre solamente trasmissioni, serie tv e telegiornali, ma anche innumerevoli spot pubblicitari. Anche Internet inonda quotidianamente gli utenti con offerte e mail pubblicitarie. Inoltre il mercato, in seguito alla globalizzazione, è ormai saturo di prodotti. Pensiamo solamente a quante tipologie di smartphone esistono che si differenziano per dettagli quasi inavvertibili. Ma quali criteri deve seguire l’utente per prendere una decisione se persino degli oggetti quotidiani più semplici esistono infinite varietà ma anche altrettante informazioni?

A fronte di questa abbondanza di informazioni i consumatori si sentono presto messi sotto pressione. Ed ecco che nel cervello umano si arriva a un sovraccarico cognitivo, il cosiddetto information overload(ing). Ma cos’è esattamente questo fenomeno di eccedenza di informazioni e come possono reagirvi i marketer?

Definizione di sovraccarico di informazioni

Il termine “sovraccarico cognitivo” definisce un surplus di informazioni con il quale viene confrontato un essere umano. Sono soprattutto due fattori a costituire la causa dell’attuale fenomeno: il rapido aumento dell’offerta informativa e l’utilizzo dei più diversi canali per trasmetterla da parte del consumatore. Soprattutto i mass media come la TV e Internet diffondono una quantità spropositata di informazioni alla massima velocità. Tuttavia non solo i tipici banner pubblicitari, bensì anche gli innumerevoli volantini distribuiti nei centri commerciali e inseriti nelle cassette della posta, o anche semplicemente la grande varietà di prodotti nei negozi, mettono alla prova il consumatore con centinaia di informazioni di prodotti. Se in aggiunta si è spesso online con il proprio smartphone, come la maggior parte degli utenti al giorno d’oggi, si viene bombardati dai messaggi di svariate applicazioni. Questa vera e propria esplosione di dati è la causa di un information overload.

L’influenza del sovraccarico di informazioni sul comportamento d’acquisto del consumatore

L’information overload porta le persone a non essere più in grado di prendere una decisione di acquisto giustamente motivata per via dell’eccedenza di informazioni. È la quantità di dati ad essere il fattore decisivo. A metà degli anni ’70 è stato scoperto che un aumento della quantità di informazioni ha inizialmente portato a un miglioramento della qualità decisionale, poi però, una volta superato un certo limite, l’ha invece decisamente peggiorata. Pare quindi esserci un confine naturale per il cervello umano.

L’information overload è esprimibile anche in percentuali. Se ad esempio state sfogliando una rivista e ne leggete 10 pagine delle 100 totali, allora rilevate solamente il 10 % delle informazioni disponibili. Il rimanente 90 % rientra al contrario tra i dati in esubero.

Gli effetti del sovraccarico di informazioni

Il sovraccarico cognitivo può gravare estremamente sul cervello umano. Ogni giorno le persone hanno a che fare con migliaia di informazioni. Il cervello deve valutare queste informazioni, perlopiù irrilevanti, in poco tempo e connetterle tra loro. A risentirne è la capacità di concentrazione. Lo sforzo elevato collegato all’elaborazione delle informazioni può avere ulteriori conseguenze: a partire da stanchezza e smemoratezza fino all’ormai già abbastanza diffusa sindrome da burn out. Per questo motivo gli psicologi e i medici mettono in guardia da tempo sugli effetti dell’eccedenza di informazioni. Non di rado è il motivo scatenante per lo stress quotidiano e può portare a gravi attacchi di emicrania o persino a malattie psichiche. Se i consumatori vengono inondati di troppe informazioni, in special modo attraverso i mass media, il cervello si isola per proteggersi da questi stimoli ambientali. Difatti proprio per via di questo crescente fenomeno la qualità decisionale diminuisce di conseguenza. A causa dell’esubero di dati che riceve, il consumatore non può quasi più scegliere razionalmente se deve o meno acquistare un determinato prodotto. La conseguenza è la percezione distorta del consumatore: d’ora in poi il consumatore comincia ad escludere informazioni pubblicitarie, poiché comunque solitamente non sono di suo interesse. Un esempio di ciò è la cosiddetta banner blindness su Internet. Per i marketer quindi è una notevole sfida riuscire a penetrare attraverso questa barriera di percezione con i propri messaggi pubblicitari.

L’evoluzione dell’offerta informativa: dall’invenzione della stampa all’epoca dei media digitali

La base di partenza per la diffusione dei mass media è stata fornita dalla stampa, attraverso cui per la prima volta i contenuti potevano essere stampati, risparmiando tempo, e successivamente portati ai lettori ovunque in modo capillare. Il primo torchio tipografico è stato sviluppato da Johannes Gutenberg nel XV secolo ma era ancora presto per parlare di mass media. Questo concetto si adatta più ai media sviluppatisi a partire dal primo Novecento, quando i giornali in elevata tiratura venivano sfogliati da migliaia di lettori e successivamente con la radio e la TV che sono riuscite a conquistare un pubblico composto da milioni di persone.

Fatto

Per fare un paragone: Gutenberg stampò meno di 200 esemplari della sua bibbia. Di contro nel 2015 solo in Italia sono stati pubblicati 65mila nuovi titoli su carta a cui si aggiungono 63mila ebook; il catalogo di libri di carta in commercio comprendeva oltre 900mila titoli.

Non ci è voluto molto perché il giornale diventasse il mezzo più importante per la diffusione di informazioni. Al principio i pochi giornali esistenti potevano registrare solamente una tiratura ridotta di pochi migliaia di esemplari. Oggi invece i giornali popolari vengono stampati in milioni di copie e sono venduti in tutto il mondo. Anche gli altri media si sono poi attrezzati: nel 1906 negli Stati Uniti venne diffusa la prima trasmissione radiofonica al mondo. Nel 1924 con l’Unione Radiofonica Italiana nasceva la prima emittente italiana con sede a Roma. Più o meno nello stesso periodo è stato inventato il televisore, che però si è affermato come mass media solo dopo la seconda guerra mondiale. Infine gli anni Novanta sono segnati dall’avvento di Internet che inaugura l’epoca digitale.

Fatto

È soprattutto Internet a contribuire notevolmente al sovraccarico di informazioni: solo in Italia, infatti, vengono inviate circa 940 milioni di e-mail al giorno. Sono più di 30 al giorno per ogni utente.

La moderna società dell’informazione

La portata della diffusione di informazioni continua a crescere senza mai fermarsi e di pari passo aumenta anche il sovraccarico di dati. I differenti settori dei media si espandono in maniera estrema: al giorno d’oggi esistono innumerevoli gruppi editoriali, programmi televisivi, trasmissioni radiofoniche e siti web. Di conseguenza nei singoli settori crescono enormemente anche la concorrenza e la pressione. Il problema alla base è il seguente: l’offerta di media e di informazioni sta crescendo da decenni molto più velocemente rispetto alla loro effettiva domanda.

L’information overload si differenzia, anche se solo in minima parte, a seconda della tipologia di media cui si fa riferimento. Solo qualche anno fa il sovraccarico di informazioni era ancora decisamente più basso, il che era dovuto anche all’uso più ridotto e alla diffusione più limitata dei media moderni. Alcuni decenni fa, infatti, la maggior parte delle persone riceveva solamente il segnale dei canali televisivi pubblici mentre Internet era ancora nella culla. Il neonato è poi cresciuto a tal punto da dominare l’epoca digitale e il recente coronamento del suo successo è stato rappresentato dall’utilizzo degli smartphone, aumentato esponenzialmente a metà degli anni 2000. Nel frattempo si è già affermato un nuovo trend, ovvero l’utilizzo simultaneo di diversi media: comportamento che non fa altro che contribuire ad alimentare ulteriormente il fenomeno dell’information overload.

Il sovraccarico di informazioni è un problema per i marketer?

Il sempre più crescente sovraccarico di informazioni attraverso i mass media rappresenta un autentico problema soprattutto per i marketer. Il loro obiettivo infatti è quello di far risaltare i messaggi pubblicitari relativi ai propri prodotti in mezzo all’inarrestabile offerta di informazioni. Ecco che così si crea una dura lotta concorrenziale in cui le aziende tentano di attirare l’attenzione dei consumatori su di sé e sui propri prodotti con tutti i mezzi pubblicitari possibili. Ma ciò si dimostra molto difficile per via della crescente abbondanza di informazioni, anche perché si prevede che l’eccedenza di dati aumenterà.

Siccome però l’essere umano è in grado di elaborare solamente una quantità limitata di informazioni, è del tutto naturale che i consumatori ne escludano sempre più in mezzo a quelle che vengono loro offerte.

La capacità limitata del cervello umano

L’essere umano tenta giorno per giorno di assorbire ed elaborare una quantità incredibile di informazioni. Tuttavia non tutte vengono salvate nella memoria a lungo termine. La capacità del cervello umano è limitata, il che porta inevitabilmente a uno stop della registrazione quando è esposto a un sovraccarico cognitivo. E ancora: molte informazioni non passano nemmeno la cosiddetta soglia di percezione del destinatario e non vengono quindi consciamente percepite. Il cervello funziona come una sorta di sistema di filtraggio in cui solamente le informazioni rilevanti rimangono nella memoria.

Il modello modale lineare

Le informazioni percepite possono passare attraverso tre stazioni, una successiva all’altra: la memoria sensoriale, la memoria a breve termine e infine la memoria a lungo termine. Quest’ultima rappresenta il termine del percorso effettuato dalle informazioni in entrata, premesso che la persona in questione non le abbia precedentemente escluse e di conseguenza dimenticate per via della loro insignificanza.

Per mezzo di una spiegazione semplificata si può dire che il sistema di memorizzazione funziona come un modello a tre stazioni: una volta che l’informazione ha raggiunto la soglia della prima stazione, viene trasmessa a quella successiva. A quel punto la relativa informazione viene nuovamente elaborata, a seconda della sua rilevanza, e infine salvata nella memoria a lungo termine. Qui rimane salvata per diversi anni o persino per decenni. L’essere umano considera rilevanti soprattutto i ricordi collegati ad emozioni, i quali spesso rimangono vivi per una vita intera. Proprio per questo motivo i marketer tendono a puntare su una commercializzazione che evochi emozioni per invogliare i clienti ad acquistare il prodotto.

I singoli passaggi del modello modale lineare si differenziano tra loro principalmente per quanto riguarda la durata di memorizzazione. Mentre la memoria sensoriale conserva informazioni esclusivamente per dei millisecondi, la memoria a lungo termine le salva per anni. Perciò l’obiettivo più ambizioso dei marketer è quello di posizionare le informazioni di prodotto soprattutto nella memoria a lungo termine dei clienti.

La memoria sensoriale

Come fa intendere già il nome, la memoria sensoriale è la prima stazione di filtraggio delle informazioni registrate tramite i sensi. Qui tutte le informazioni vengono salvate provvisoriamente senza filtri e in maniera del tutto inconscia. È vero che la memoria sensoriale può registrare una quantità enorme di informazioni, ma mette a disposizione solamente un tempo molto ristretto per la memorizzazione: le informazioni vengono fissate esclusivamente per una durata che va da dei millisecondi a un massimo di qualche secondo. Se le informazioni vengono classificate come rilevanti, allora riescono a passare anche alla stazione di memoria successiva, mentre invece tutte le altre informazioni vengono escluse.

La memoria a breve termine

La memoria a breve termine è la seconda stazione di filtraggio in cui le informazioni vengono elaborate coscientemente. Qui la durata della memorizzazione è compresa tra i 20 e i 45 secondi. In questo lasso di tempo viene verificata attivamente e consciamente la rilevanza dell’informazione in questione. Se ad esempio si tratta di un’informazione non significativa, la sua rilevanza viene classificata come non particolarmente elevata, cosa che porta inevitabilmente alla sua eliminazione. Per questo motivo ci si ricorda meglio la data di compleanno del partner di quella di un semplice conoscente. Se l’informazione è importante e non si trova ancora nella memoria a lungo termine, vi verrà condotta direttamente. Tuttavia le informazioni più complesse e anche alcune abilità motorie come nuotare o guidare una bicicletta devono essere ripetute più volte prima di entrare a fare parte definitivamente della memoria a lungo termine.

La memoria a lungo termine

La memoria a lungo termine è l’ultima stazione del modello modale lineare in cui le informazioni vengono immagazzinate per un periodo di tempo molto lungo, per anni o addirittura per una vita intera. In questo deposito il criterio della rilevanza costituisce il fattore determinante. Le informazioni considerate importanti formano un intreccio di conoscenze, esperienze e impressioni. La complessa rete di dati della memoria a lungo termine può venire ampliata illimitatamente. L’essere umano può attingere a questi dati sia consciamente che inconsciamente. Se queste informazioni possano effettivamente venire eliminate dalla memoria a lungo termine è disputabile. Ormai la maggioranza degli scienziati parte dal presupposto che quando ci si dimentica di qualcosa semplicemente è dovuto al fatto che quel dato specifico non sia stato attivato.

Siccome qui le informazioni vengono depositate stabilmente, i marketer tentano di posizionare le informazioni del proprio prodotto miratamente all’interno della memoria a lungo termine. Servendosi di strategie pubblicitarie originali e in grado di evocare emozioni, il prodotto ambisce a ottenere un valore di riconoscimento. Ma per riuscire a entrare nella memoria a lungo termine i messaggi pubblicitari devono per prima cosa superare le stazioni di memorizzazione attivate precedentemente.

La prima sfida: superare la soglia di percezione

Il primo ostacolo dei marketer è costituito dal fatto che le informazioni di prodotto devono superare la cosiddetta soglia di percezione della persona, perché logicamente i prodotti che non vengono percepiti non vengono nemmeno acquistati. Il processo di percezione funziona in questo modo: l’essere umano registra gli stimoli dell’ambiente circostante tramite i suoi organi di senso. Affinché questi stimoli possano essere presi in considerazione dal cervello, valutati e tradotti in informazioni, è necessario che provochino una sensazione. Solo a partire da un certo grado di intensità della sensazione una persona è in grado di percepire le informazioni come rilevanti.

Per i marketer ciò significa che gli stimoli provocati dal prodotto devono raggiungere una certa intensità perché il consumatore li registri: solo allora le informazioni verranno elaborate dal cervello. Ma solamente una frazione degli stimoli registrati riesce poi effettivamente a passare la soglia di percezione. I professionisti della comunicazione pubblicitaria puntano quindi sulla più elevata intensità di stimolo possibile così da attirare l’attenzione dei consumatori.

La strategia dei marketer: campagne pubblicitarie aggressive

Come appena accennato, la maggior parte dei marketer ambisce a campagne pubblicitarie che siano particolarmente in grado di stimolare intensamente le sensazioni dei destinatari per riuscire a spiccare in mezzo alla vasta offerta del sovraccarico di informazioni. Gli esperti di marketing provano infatti a guidare la percezione dei consumatori verso i propri prodotti servendosi di pubblicità sempre più aggressive. Vale il motto: apparire ad ogni costo, quindi più è colorato, rumoroso ed eccentrico, meglio è.

Gli spot pubblicitari dell’azienda Vigorsol sono esemplificativi di questo concetto: con un genere di video decisamente fuori dal comune cercano di provocare una reazione di stupore nei consumatori, i quali sono invitati a provare le loro chewing gum quasi più per trarre beneficio di fantomatici (ma naturalmente inesistenti) superpoteri, più che per avere un alito fresco. Di recente l’azienda ha iniziato una serie di video aventi come protagonista un koala (chiaramente virtuale), tutti caratterizzati da un taglio cinematografico à la action movie di Hollywood.

In generale molti spot hanno dato spettacolo anche servendosi di forti effetti sonori e di popolari stereotipi riuscendo a raccogliere il plauso del pubblico. Ma quali altre possibilità esistono per attirare l’attenzione dei consumatori e incanalarla sul proprio prodotto?

Aumentare la rilevanza del messaggio pubblicitario

A fronte del crescente sovraccarico di informazioni e del costante aumento della soglia di percezione i marketer devono pianificare nuove strategie di marketing. Il loro successo dipende prima di tutto dall’intensificazione degli stimoli: se attuata, essa fa sì che i prodotti vengano intanto notati dai potenziali clienti, per quanto naturalmente al contempo contribuisca anche a un’eccedenza di stimoli. Ciò che si imprime particolarmente bene nella memoria sono i messaggi pubblicitari in grado di evocare delle emozioni, come è ad esempio dimostrato dal successo della campagna pubblicitaria della Dove: nei suoi famosi spot l’azienda presenta donne di tutte le età, ognuna con un fisico diverso, e promuove così la “bellezza autentica”. La missione del marchio è quella di cambiare la percezione distorta e lontana dalla realtà che si ha nei confronti della bellezza della donna: uno standard che si è affermato in tutto il mondo per mezzo di un sistema sessista che il brand ha l’obiettivo di riportare a uno stato autentico per mezzo delle sue campagne. La pubblicità non dovrebbe solamente limitarsi ad essere appariscente ma in più dovrebbe essere anche pianificata su misura degli utenti e del target di riferimento. Se quindi riuscite a richiamare associazioni positive al vostro prodotto e a legarvi alle esigenze del consumatore, quest’ultimo riterrà il vostro prodotto più rilevante e potrebbe molto probabilmente decidere di acquistarlo.

Collegarsi a temi già rilevanti per il target

Si può affermare quasi con certezza che negli ultimi anni Internet si sia affermata come la piattaforma pubblicitaria più importante. Ma con un sovraccarico di informazioni circa del 98,1 % il compito dei marketer di risvegliare la predisposizione dei clienti all’acquisto è diventato molto difficile. Il tempo medio di permanenza su una pagina web ammonta a meno di 40 secondi. In molti studi si parla persino di un valore medio che va solamente dagli 8 ai 12 secondi. Su Internet le misure pubblicitarie devono riuscire a raggiungere l’utente nel minor tempo possibile. Per questo le immagini si adattano abbastanza bene poiché possono essere elaborate dal cervello nel giro di poche frazioni di secondo. Più in generale vale la regola per cui più il messaggio pubblicitario è breve e stimolante, più alte sono le probabilità di successo.

Un’altra soluzione effettiva è offerta ad esempio dalla cosiddetta “strategia di involvement”, con cui si intende il coinvolgimento di temi attuali nella commercializzazione dei prodotti. Si crede che la commercializzazione di un prodotto all’interno di un tema principale definito per un target specifico e di grande interesse sociale debba creare mondi ricchi di nuove esperienze per il consumatore. Con il giusto target questa strategia può richiamare associazioni estremamente positive.

La TIM ad esempio è riuscita a sfruttare il grande amore italiano per il calcio cambiando il nome della prestigiosa Coppa Italia, la principale coppa calcistica italiana, che ora è stata rinominata “TIM Cup” per ragioni di sponsorizzazione. Con questo stratagemma si raggiunge facilmente la soglia di percezione dei consumatori interessati al gioco del pallone, visto che seguono regolarmente le partite in ogni caso. Attraverso questa connessione al popolare sport anche la stessa azienda viene messa in buona luce.

Tuttavia spesso la strategia di involvement non viene utilizzata per pubblicizzare miratamente un prodotto, bensì piuttosto per rafforzare l’immagine dell’azienda.

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