Zoom fatigue: evitare l’affaticamento da videoconferenza

8 milioni e 359 mila: il numero dei lavoratori dipendenti italiani potenzialmente occupabili con lo smart working. Questo è il dato riportato nello studio della fondazione Consulenti del Lavoro, pubblicato in data 26 febbraio 2020, prima che la pandemia da Covid-19 colpisse ufficialmente l’Italia. Da allora il numero delle videoconferenze è schizzato alle stelle, passando da poco più di 25.000 utenti giornalieri di febbraio agli oltre 176.000 utenti di marzo, mese d’inizio del lockdown (fonte: statista.com).

Ma se da un lato le riunioni virtuali hanno messo al riparo molte imprese italiane da danni economici ancora più ingenti. Dall’altro rappresentano uno stress aggiuntivo per i dipendenti. Da qui la nascita del nuovo termine “Zoom fatigue”. In questo articolo vi spieghiamo il nuovo fenomeno della Zoom fatigue, da cosa nasce l’affaticamento da videoconferenza e quali soluzioni ha a disposizione l’utente per prevenirlo.

Che cos’è la Zoom fatigue

Che passare ore e ore in riunione sia stancante non è una novità. Ma con il lockdown a causa del Covid-19 molti dei lavoratori che hanno potuto lavorare da casa erano certi che le riunioni sarebbero state meno stressanti, che il loro numero sarebbe diminuito, e che avrebbero potuto lavorare in abbigliamento casalingo in totale comfort. Così non è stato. Il numero di videoconferenze è aumentato in brevissimo tempo e sin da subito è divenuto chiaro come queste possano addirittura causare un tipo di stress nuovo, particolarmente estenuante. A forza di dibatterne, a questo nuovo fenomeno è stato attribuito pure un nome: Zoom fatigue.

Zoom è uno degli strumenti per videoconferenza maggiormente diffusi, motivo per il quale ha dato il nome al nuovo fenomeno. Tuttavia, la Zoom fatigue non si limita esclusivamente alle videochiamate fatte con questo programma, ma si estende a tutti i software di questo genere. Anche utilizzando programmi alternativi a Zoom si possono rilevare gli stessi identici sintomi. Per quanto riguarda la “Fatigue” invece, la parola deriva dal francese fatigue, che significa “stanchezza”. La traduzione di Zoom fatigue corrisponde quindi ad “affaticamento da videoconferenza”.

Zoom fatigue: l’effetto collaterale dell’uso eccessivo delle videoconferenze

Ad oggi sono ancora pochi gli studi che mostrano gli effetti sia fisici che psicologici di un elevato numero di ore passate a fare videoconferenze. Molte analisi si sono finora basate su singoli rapporti alquanto parziali. Risulta invece piuttosto complicato trovare studi che comprendano il parere e le percezioni dei diretti interessati.

Uno studio dell’università di Ludwigshafen, in Germania, ha prodotto i primi risultati in questo senso. I ricercatori hanno infatti studiato come la stanchezza da Zoom sia già nota tra i tedeschi: il 60 % degli intervistati ha infatti dichiarato di conoscere il fenomeno in prima persona, ben il 15 % ne soffre già da tempo.

Questo studio fornisce anche chiarimenti in merito ai sintomi di questa patologia, tanto che la Zoom fatigue sembrerebbe essere più di un semplice esaurimento. I partecipanti allo studio hanno infatti menzionato i seguenti sintomi:

  • Difficoltà di concentrazione
  • Aumento di impazienza e irritazione
  • Mal di testa e mal di schiena
  • Dolori articolari e di stomaco

Con la stanchezza si registra un conseguente calo della produttività in smart working, così come anche della qualità del lavoro, mentre aumenta la probabilità che si verifichino errori durante lo svolgimento delle proprie mansioni.

Sebbene lo studio in oggetto presenti risultati parziali degli effetti dell’abuso di videoconferenze – dato il numero ridotto di partecipanti (422) – i risultati da un punto di vista psicologico sono però molto chiari: le videoconferenze causano stress.

5 motivi del perché le videoconferenze stancano così velocemente

I meeting tenuti utilizzando strumenti di videoconferenza sono pratici e facili da organizzare. Tuttavia, rispetto alle riunioni fatte di persona, i partecipanti devono confrontarsi con nuove sfide psicologiche, il cui superamento richiede un grande sforzo al cervello umano, sottraendo energia fino a portare il lavoratore a soffrire della già più volte menzionata Zoom fatigue.

I segnali di comunicazione non verbale sono più difficili da recepire

Le videoconferenze hanno il vantaggio di mostrare la mimica e la gestualità di chi si ha virtualmente di fronte, tuttavia il campo visivo è limitato. In base alla configurazione della videocamera, alla definizione delle sue riprese e alla qualità della connessione, risulta più o meno difficile interpretare lo sguardo dell’interlocutore. Nelle riunioni con numerosi partecipanti è pressoché impossibile percepire le reazioni di tutti in merito a un’affermazione, rispetto a quanto non accada in una sala conferenze, dove si può sfruttare la vista periferica.

Il linguaggio del corpo, il contatto visivo e la posizione di chi parla sono tutti segnali non verbali che aiutano a capire e valutare quanto viene detto. Nei meeting online, invece, il cervello è impegnato costantemente a compensare le informazioni mancanti. Che questo sforzo affatichi e stanchi lo si era già scoperto nel 2008 grazie a uno studio statunitense.

Vedere sempre la propria immagine sullo schermo causa stress

Nelle sale conferenza è difficile trovare specchi appesi alle pareti, in quanto molte persone hanno un difficile rapporto con la propria immagine riflessa allo specchio. Al contrario, nelle riunioni virtuali la propria immagine è sempre in mostra in una piccola finestra. Questo porta a prestare molta attenzione a sé stessi, cosa che spesso ha un effetto negativo.

I partecipanti infatti possono sentirsi insicuri, dubitare dell’adeguatezza dell’outfit scelto e se appaiono professionali agli occhi altrui. Questo mettersi costantemente in dubbio non solo favorisce l’insorgenza della Zoom fatigue, ma finisce con catalizzare tutta l’attenzione su di sé, invece che convogliarla sui contenuti oggetto della riunione.

I disturbi tecnici ostacolano e influenzano il dialogo

Nonostante la connessione a banda larga e la fibra ottica, in sede di videoconferenze si riscontrano spesso, per non dire sempre, dei problemi di trasmissione. Uno studio ha riscontrato che già un secondo di ritardo significa un maggior sforzo per il cervello umano. Inoltre, una risposta data con leggero ritardo rende l’interlocutore meno attento, coscienzioso ed estroverso ai nostri occhi, influenzando negativamente il proseguimento della riunione virtuale.

Il piano interpersonale viene compromesso

Tralasciando le difficoltà tecniche, la comunicazione per mezzo di strumenti e piattaforme digitali, come avviene per le videoconferenze, fa sì che le persone abbiano meno fiducia nell’altro, riducendo anche il grado di comprensione reciproca, così come dimostrato da uno studio sulla gestione dei richiedenti asilo presso l’autorità canadese per l’immigrazione.

Un fattore decisivo in questo senso è l’impossibilità di stabilire un contatto visivo diretto con l’interlocutore, in quanto per farlo bisognerebbe guardare nella webcam rendendo però impossibile vedere l’altro contemporaneamente sul proprio schermo. Incrociare lo sguardo è importante per segnalare attenzione a chi sta parlando e costruire così fiducia reciproca.

I partecipanti a una videoconferenza tentano, più o meno consapevolmente, di compensare gli impedimenti sul piano non verbale, cercando così di stabilire una buona connessione con l’altro. Un lavoro mentale faticoso, che porta alla Zoom fatigue.

La tentazione del multitasking

Durante un meeting di persona risulta quasi impossibile leggere le e-mail in entrata, controllare i propri appuntamenti o rispondere a un messaggio mentre un collega sta presentando il prossimo punto in agenda. O quantomeno farlo senza essere scoperti. Quando invece si partecipa a una videoconferenza, seduti davanti al proprio computer senza nessuno attorno, è difficile che venga notato che lo sguardo di un partecipante inizi a vagare un po’ mentre passa a un altro programma. Soprattutto quando le riunioni virtuali vanno per le lunghe, i partecipanti tendono a svolgere altri compiti nel mentre. Se così facendo da un lato si aumenta la propria produttività, dall’altro questo multitasking stanca e inficia la qualità del lavoro svolto.

Suggerimenti efficaci per contrastare la Zoom fatigue

Limitare il numero delle riunioni

Per contrastare efficacemente la Zoom fatigue la prima cosa da stabilire è quali e quante sono le videoconferenze strettamente necessarie. Tutti i membri di un team di lavoro devono per forza partecipare a ogni singolo meeting? E con quale frequenza è necessario confrontarsi sugli argomenti e sul lavoro svolto?

Limitare la durata delle riunioni virtuali

Che si diminuisca o meno il numero delle videochiamate, andrebbe in ogni caso cercato di ridurne la durata. Gli esperti consigliano di non superare i 45 minuti e di lasciare sempre almeno 15 minuti di pausa ai lavoratori tra un appuntamento e l’altro. In questo modo il cervello ha modo di riprendersi dallo sforzo.

Valutare anche le alternative a una videoconferenza

La tentazione di ricorrere alle videoconferenze ogniqualvolta non è possibile incontrarsi di persona è forte. Tuttavia, la videoconferenza non è sempre la soluzione migliore.

Se, ad esempio, si deve solamente trasmettere o confrontarsi su delle informazioni e gli interessati si conoscono già da tempo, allora una chiamata telefonica o comunque senza attivare il video è probabile che porti a risultati migliori. Questo permette infatti ai partecipanti di concentrarsi sui risultati, evitando di perdersi nell’auto osservazione e di affaticare inutilmente il cervello cercando di analizzare le reazioni degli interlocutori.

Una videoconferenza è invece più adatta quando si tratta di conoscere una persona per la prima volta, ossia quando il piano personale gioca un ruolo importante. Nonostante i punti deboli, l’incontro per video rappresenta infatti l’alternativa più prossima a un incontro di persona. Adottando alcuni accorgimenti potete condurre le riunioni online con successo.

Zoom fatigue: un problema che non riguarda solo il singolo

Il lavoro agile, da casa o altrove, rimarrà anche dopo la pandemia una costante, almeno più di quanto non lo fosse prima. Questo rende la Zoom fatigue una sfida duratura che le aziende dovranno affrontare se vogliono che i loro team di lavoro raggiungano i risultati nella maniera più efficiente possibile.

Le aziende non dovrebbero lasciare i propri lavoratori preoccuparsi singolarmente di stabilire un rapporto salutare con le videoconferenze, bensì introdurre standard per una gestione organizzata dei team di lavoro. Questo ha inoltre l’effetto di far apparire il datore di lavoro come più interessato al benessere dei dipendenti, rafforzando la produttività dell’azienda e tutelando la salute fisica e mentale dei lavoratori. Una situazione che porta dei vantaggi a entrambe le parti.

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