Il riporto delle perdite fiscali
Al momento della chiusura di un esercizio non sempre i conti finiscono in pari. I casi in cui i componenti negativi di reddito di competenza del periodo superano quelli positivi sono anzi molto frequenti, anche per via della prolungata crisi economica che non ha risparmiato nessuno sia a livello nazionale sia internazionale. Questo porta a una perdita di ricchezza delle imprese, ma dal punto di vista dei contributi un esito negativo del periodo di imposta significa anche l’incapacità di finanziare la spesa pubblica. Per fare fronte a tale problematica è nata quindi la possibilità di portare la perdita subita ai periodi successivi.
Ma cosa succede esattamente se l’esercizio amministrativo si chiude con una perdita? E come si determina l’entità di questa perdita? Infine quali sono le differenti casistiche? In questo articolo diamo risposta a tutte queste domande.
Regolamento del riporto
Essenzialmente per calcolare l’entità della perdita in questione è necessario sottrarre i componenti negativi di reddito di competenza ai componenti positivi di reddito di competenza.
L’articolo 23, comma 9, D.L. n. 98/2011 ha modificato l’art. 84, commi 1 e 2, TUIR, circa il riporto delle perdite fiscali. Nello specifico tale disciplina coinvolge i soggetti IRES, ossia società di capitali, enti commerciali e stabili organizzazioni di soggetti non residenti. Essenzialmente la nuova modifica ha allargato la tolleranza dei termini precedenti, prevedendo che le perdite fiscali conseguite in un periodo di imposta possano essere calcolate in diminuzione dei redditi dei periodi successivi.
Società di capitali
Le società di capitali hanno un regime contabile ordinario per cui le perdite fiscali che l’impresa consegue nel periodo di imposta possono essere rilevate con deduzione dai redditi dei periodi che seguono. Ciò può avvenire in due modi diversi:
- Le perdite dei primi tre esercizi (la cui data parte dal giorno di costituzione) possono essere riportate senza limiti di tempo relativamente alla parte che supera i redditi conseguiti nei periodi successivi. Inoltre sono compensabili per l’intero importo che trova capienza nel reddito di esercizio.
- Le perdite a partire dal quarto periodo di imposta da quando è iniziata l’attività possono essere riportate per l’intero importo senza limiti di tempo e compensate per non più dell’80 % del reddito imponibile di ogni periodo di imposta.
La Circolare n. 25 del 19 giugno 2012 emessa dall’Agenzia delle Entrate stabilisce che non ci sia nessun ordine di priorità per le perdite nei primi tre esercizi (che sono quindi da riportare per intero) e nemmeno per quelle createsi in seguito (soggette a un vincolo dell’80 %).
Società di persone, imprese individuali ed enti non commerciali
Vediamo ora come devono agire le imprese soggette ad IRPEF quando devono dedurre le perdite di esercizio. Tali imprese sono da suddividere in due categorie differenti, a seconda che siano attive in contabilità semplificata o se invece in contabilità ordinaria.
a. Aziende in contabilità semplificata
In questo caso non è possibile effettuare alcuna operazione di riporto delle perdite: queste possono essere utilizzate a diretta diminuzione del reddito complessivo, ma solo nel periodo di imposta in cui sono realizzate. Possono quindi essere utilizzate per redditi derivanti dalle diverse categorie che concorrono alla formazione del reddito complessivo annuale.
b. Aziende in contabilità ordinaria
- Per le perdite fiscali realizzate nei primi tre periodi di imposta È possibile il riporto delle perdite in annualità successive. Il riporto è possibile senza limiti di tempo e per l’intero importo.
- Per le perdite fiscali realizzate dal quarto periodo di imposta È possibile il riporto delle perdite in annualità successive, ma non oltre il quinto esercizio successivo. Tali perdite possono essere utilizzate in diminuzione dei redditi di impresa derivanti da: imprese commerciali, partecipazione in società di persone, partecipazione in società trasparenti, nei limiti dell’importo contenuto.
Quando le perdite sono prodotte da Snc e S.a.s., nonché dalle S.s. e dalle associazioni che operano un esercizio di arte o professione, allora sono attribuite ai soci o agli associati in proporzione all’ammontare della loro singola quota di partecipazione agli utili. Nel caso in cui il valore di suddette attribuzioni sia indeterminato, le quote di partecipazione agli utili sono da interpretare come uguali.
Per quanto riguarda le S.a.s., nell’ipotesi di perdite che superano l’ammontare del capitale sociale, la ripartizione della quota eccedente tra i soci non avviene secondo questa regola generale, bensì si applica ai soci accomandatari. In conseguenza di ciò, per i soci accomandanti la deducibilità della perdita dal reddito è comparata al valore massimo rappresentato dalla quota di partecipazione; invece i soci accomandatari, siccome portano una responsabilità illimitata per le obbligazioni sociali, hanno diritto a dedurre l’intera differenza tra la perdita e il capitale sociale.
Soggetti esercenti arti e professioni, in forma individuale o associata
Che siano in contabilità semplificata o in contabilità ordinaria, i professionisti non possono comunque riportare le perdite. Tuttavia le stesse possono essere utilizzate in diminuzione del reddito complessivo (quindi in diminuzione di diverse tipologie di reddito).
Regime contribuenti minimi
I contribuenti che adottano il cosiddetto regime “contribuenti minimi”, art. 27 del D.L. n. 98/2011, hanno la possibilità di riportare le perdite fiscali realizzatesi dal proprio esercizio di attività di impresa, arte o professione per un periodo di cinque anni. Anche nell’eventualità in cui il contribuente, nel frattempo, sia fuoriuscito dal regime di vantaggio, si continua ad applicare questa modalità di riporto quinquennale della perdita di regime dei minimi.
Inoltre l’articolo 1, comma 108, della Legge n. 244/2007 stabilisce che le perdite fiscali generate da tali soggetti possono essere utilizzate dal contribuente negli anni successivi solamente per eliminare il reddito di impresa o di lavoro autonomo.
Anche per i contribuenti minimi è possibile avere perdite fiscali che si possono riportare senza limiti negli esercizi successivi. L’art. 1 comma 108 della Legge Finanziaria 2008 fa riferimento a quanto è contenuto nell’art. 84 comma 2 del TIUR: le perdite di impresa realizzate dai contribuenti minimi nei primi 3 anni di attività possono servirsi del riporto illimitato nel tempo.
Forfetari (legge di stabilità 2015)
I contribuenti forfetari non possono provocare perdite dato che il calcolo del reddito si basa su una percentuale che è applicata solamente ai ricavi. Può presentarsi l’ipotesi in cui i contributi previdenziali, versati fino al raggiungimento di un reddito pari a 0 (dunque che non sia mai negativo), siano in grado di ridurre questo esito.
Può però essere che tali soggetti portino con sé delle perdite che provengono da annualità antecedenti alla loro entrata in tale regime. È possibile sottrarre dal reddito forfetario le perdite che sono state prodotte dai regimi adottati precedentemente, tuttavia vanno prima specificate le seguenti casistiche:
a. Contabilità semplificata
È applicato l’art. 8 comma 2 del TIUR: in tal caso le perdite sono compensate facendo riferimento al reddito dello stesso anno d’imposta.
b. Contabilità ordinaria
Si può effettuare il riporto delle perdite solamente entro il quinto anno. Se le perdite sono relative ai primi 3 periodi di imposta, allora non è prevista alcuna limitazione di tempo.
c. Regime dei minimi
È autorizzato il riporto a patto che non si superi il quinto periodo. Si fa riferimento all’intero importo contenibile nelle varie annualità, mentre per le perdite dei 3 periodi precedenti valgono le regole degli esercizi in contabilità ordinaria.
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