Limiti di orario di lavoro: cosa prevede la legge?
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, così si apre l’Articolo 1 della Costituzione Italiana. Ma anche l’attività centrale del paese Italia necessita di essere regolata con limitazioni chiare e incontrovertibili. Il Decreto Legislativo 66/03 disciplina a questo scopo l’orario di lavoro, stabilendo quello che è lo standard lavorativo di riferimento e il limite massimo della prestazione di lavoro. Alla base di questo decreto vi è l’intenzione di salvaguardare il benessere fisico e mentale dei lavoratori.
Articolo 36
La prestazione del lavoratore è calcolata su base oraria, così come la remunerazione, che deve essere corrisposta proporzionalmente alla quantità e alla qualità del lavoro svolto. Sempre nella Costituzione, all’Articolo 36Sito ufficiale del Senato della Repubblica: Articolo 36 della Costituzionehttps://www.senato.it/1025?sezione=122&articolo_numero_articolo=36 sono sanciti i principi fondamentali relativi alla durata massima e retribuzione della prestazione lavorativa, qui di seguito riportati:
- “l lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.”
- “La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.”
- “Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.”
L’orario di lavoro settimanale
È considerato orario di lavoro giornaliero standard 8 ore al giorno, 40 ore la settimana, dal quale va escluso il tempo di viaggio necessario per recarsi sul posto di lavoro e per tornare a casa dallo stesso e le interruzioni di lavoro non inferiori a 10 minuti e di massimo 2 ore. A non rientrare nella prestazione di lavoro, almeno nel calcolo dell’orario, è anche la reperibilità.
La prestazione di lavoro è limitata in termini quantitativi all’interno sia della giornata che della settimana. Per quanto riguarda l’orario di lavoro giornaliero il limite è dettato dal riposo minimo a cui ogni lavoratore ha diritto nell’arco delle 24 ore, vale a dire 11 ore consecutive (eccezion fatta per chi lavora con orario frazionato. Ne deriva dunque che la giornata lavorativa non può in alcun caso superare le 13 ore complessive. Le eccezioni in questo caso lo rappresentano le categorie di forze di polizia e forze armate, gente di mare e personale di volo dell’aviazione civile, personale scolastico, lavoratori mobili, servizi di vigilanza privata, servizi di protezione civile (vigili del fuoco, personale giudiziario, ecc.).
L’orario di lavoro settimanale (settimana intesa di 7 giorni) è invece impostato a un massimo di 48 ore, incluse le ore di lavoro straordinario. Questo tetto è da considerarsi come media su un periodo di 4 mesi, 6 per i contratti collettivi e fino a 12 in determinati casi dettati da ragioni tecniche e organizzative. Non è dunque la singola settimana a fare la differenza. Questo permette di fatto di superare le 48 ore (o di ridurle) settimana per settimana, a patto che queste non vengano eccedute in media sull’intero periodo. Dal calcolo vanno esclusi giorni di malattia, ferie o lavoro straordinario per il quale il lavoratore sia stato compensato con periodi di riposo dedicati.
Anche il limite massimo di 48 ore settimanali prevede delle eccezioni. Le categorie a cui non si applica questo limite standard sono i lavoratori del settore agricolo che si vedono costretti a impostare il proprio lavoro assecondando le esigenze tecniche e/o stagionali, il personale attivo nel settore dell’informazione (giornalisti, informazione radiotelevisiva, addetti al ciclo produttivo e di fornitura dei quotidiani e dei settimanali), lavori discontinui e di semplice attesa, ricerca e coltivazione di idrocarburi, trasporto pubblico, commessi viaggiatori e piazzisti, e il personale dirigenziale di Enti e dell’Azienda del Servizio Sanitario Nazionale.
Vi preghiamo di osservare la nota legale relativa a questo articolo.