Rimborso spese: informazioni generali
Spesso per lavoro è necessario spostarsi e intraprendere trasferte, dalle quali derivano ovviamente dei costi. Tuttavia sia il libero professionista che il dipendente hanno la possibilità di dedurre questi costi e ottenere quindi un rimborso. Per ottenere dei rimborsi spese ci sono diverse possibilità ed è differente se a richiedere il rimborso è un libero professionista o un dipendente. Vi spieghiamo di che cosa si tratta e quando si applica il rimborso spese.
Quando si parla di rimborso spese?
Solitamente si ha la possibilità di richiedere un rimborso spese quando si effettua una trasferta, cioè uno spostamento temporaneo diverso da quello verso la sede di lavoro. Da notare che trasferta e trasferimento sono due cose distinte, in quanto la prima ha carattere temporaneo e la sua durata va valutata caso per caso e a seconda del tipo di lavoro, mentre per trasferimento si intende un cambiamento a lungo termine o definitivo. Per stabilire a quale trattamento vada incontro un dipendente e per capire come una trasferta incida dal punto di vista fiscale, è necessario tenere conto se la trasferta avvenga all’interno del territorio comunale o fuori dal territorio comunale.
In una trasferta all’interno del territorio comunale, i rimborsi o le indennità erogati ai dipendenti contribuiscono alla formazione del reddito (ad eccezione dei rimborsi delle spese di trasporto mostrando ad esempio i biglietti del mezzo scelto), mentre in caso di trasferte fuori dal territorio comunale il rimborso non rientra nel reddito imponibile, salvo alcune eccezioni.
Nei prossimi paragrafi vedremo quindi quali costi sono deducibili nella dichiarazione dei redditi e vedremo quali sono le spese delle trasferte per cui ci può essere un rimborso spese. Principalmente verrà preso in considerazione il trattamento per i dipendenti, ma accenneremo anche al rimborso spese per i professionisti.
Tipologie di rimborso spese
Per le trasferte fuori dal territorio comunale è possibile ricorrere a tre tipi di rimborso, che non possono però essere combinati tra loro. A disciplinare il trattamento fiscale dei lavoratori dipendenti è l’art. 51 comma 5 del D.P.R. n. 917/1986. Di seguito spieghiamo brevemente come funziona il rimborso forfettario, il rimborso a piè di lista o analitico e il rimborso misto.
Rimborso spese forfettario
Secondo la legge, l’azienda può decidere di rimborsare il dipendente con un importo forfettario per le spese sostenute durante una trasferta. Tale importo è da intendersi giornaliero e si applica anche se la trasferta dura meno di 24 ore; inoltre questo rimborso spese è esentasse, non concorre quindi alla formazione del reddito del dipendente. In genere vengono prese in considerazione le spese di vitto e alloggio, senza che vi sia la necessità di documentarle. Quindi queste indennità ammontano a:
- 46,48 euro al giorno per trasferte fuori dal territorio comunale ma sempre in Italia;
- 77,46 euro al giorno per trasferte all’estero.
Le spese per la trasferta relative ai trasporti vanno considerate separatamente, al di là di questo importo. Inoltre, qualora si superi questo importo per le spese di vitto e alloggio, l’eccedente sarà soggetto a tassazione fiscale e previdenziale.
Rimborso a piè di lista o rimborso spese analitico
Un’altra opzione praticabile è quella di ricorrere al rimborso a piè di lista o rimborso spese analitico che permette al dipendente di sborsare meno soldi, in quanto devono essere documentate tutte le spese della trasferta relative al vitto, all’alloggio, al viaggio e al trasporto. Ovviamente il lavoratore dovrà optare per la soluzione più economica e successivamente riportare analiticamente l’importo sborsato in una nota spese, cioè un apposito documento con i dati relativi alla trasferta riportando la documentazione giustificativa in merito agli esborsi.
Se viene quindi presentata l’opportuna documentazione, anche questo rimborso spese non concorre alla determinazione del reddito del dipendente. Inoltre non vi sono limiti fissati per l’importo da rimborsare, ad eccezione di spese varie che non rientrano nel vitto, nell’alloggio, nel viaggio e nel trasporto, come il parcheggio. In questo caso viene stabilito un importo massimo di 15,49 euro per trasferte in Italia e 25,82 euro per trasferte all’estero.
Adottando questo tipo di rimborso spese, le spese di vitto e alloggio sono documentabili tramite fattura (che permette anche di detrarre l’IVA), ricevuta o scontrino fiscale, mentre per le spese di viaggio e di trasporto basterà esibire i biglietti o le ricevute rilasciate dal vettore utilizzato.
Se si opta per il rimborso spese analitico per trasferte effettuate all’interno del comune in cui si lavora, gli importi rimborsati in busta paga concorrono alla determinazione del reddito del dipendente, ad eccezione delle spese di viaggio e di trasporto, se opportunamente documentate.
Rimborso spese misto
Una terza via perseguibile è quella del rimborso misto, che si presenta come una via di mezzo tra il rimborso spese analitico e il rimborso forfettario. In questo caso, oltre al rimborso analitico relativo alle spese di viaggio e alloggio è previsto anche un’indennità di trasferta, quindi un importo forfettario in aggiunta alle spese sostenute durante la trasferta e indipendentemente da queste. Il limite esentasse giornaliero fissato per l’indennità di trasferta, nel caso in cui si ricorra al rimborso spese analitico per le spese di vitto e alloggio, è di 30,99 euro per le trasferte in Italia e 51,65 euro per quelle all’estero.
Oltre a queste, vi è la possibilità di aver riconosciute dal datore di lavoro le spese di viaggio e di trasporto, a patto che siano opportunamente documentate.
Indennità particolare: rimborso spese chilometrico
Qualora il dipendente si spostasse con un mezzo proprio ha la possibilità di richiedere un rimborso chilometrico, un particolare indennizzo che non è soggetto a tassazione per il dipendente. Tuttavia tale regola non vale all’interno del territorio comunale, per cui non è prevista esenzione.
Per quanto riguarda l’azienda vi è la possibilità di far valere alcuni costi deducibili nel caso in cui il dipendente utilizzi una propria vettura entro il limite di 17 cavalli fiscali o 20 cavalli fiscali per alimentazione a gasolio o qualora il dipendente noleggi una vettura per effettuare la trasferta.
È da notare che per l’individuazione degli importi bisogna far riferimento alle tabelle ACI.
Costi deducibili per le aziende
Dopo aver affrontato il trattamento fiscale dei rimborsi spese per i dipendenti, vediamo meglio come si deve comportare fiscalmente l’azienda. Il trattamento sarà diverso a seconda del tipo di rimborso applicato. Nel caso di un rimborso spese analitico ci sono dei limiti imposti ai costi deducibili per l’azienda: infatti vitto e alloggio sono detraibili per un massimo di 180,76 euro al giorno per trasferte fuori dal territorio comunale (ma sempre in Italia) e per un massimo di 258,23 euro per le trasferte all’estero.
Invece non vi sono limiti per i rimborsi delle spese di vitto e alloggio per le trasferte nello stesso comune, in quanto il rimborso viene direttamente tassato al lavoratore; per il datore di lavoro i costi deducibili ammontano al 75% dell’importo totale.
Discorso diverso per le spese di viaggio e di trasporto, che risultano interamente deducibili, ovviamente una volta che il dipendente avrà presentato l’opportuna documentazione. Per quanto riguarda il rimborso spese forfettario e il rimborso spese misto, in entrambi i casi per il datore di lavoro non vi è un limite fissato per i costi deducibili.
Nel caso del rimborso spese analitico sono stati introdotti limiti della deducibilità dal reddito d’impresa per evitare che subentrino costi particolarmente elevati. In questo modo il dipendente non dovrebbe, ad esempio, spendere 500 euro per un pernottamento in albergo o 300 euro per una cena al ristorante!
Rimborso spese professionisti
Come funziona il rimborso spese per i professionisti e i lavoratori autonomi? Si hanno due possibilità:
- le spese sono sostenute direttamente dal professionista e rimborsate successivamente dal committente;
- le spese sono direttamente sostenute dal committente.
Nel primo caso, le spese di vitto e alloggio inerenti la prestazione professionale sono fatturate dal terzo al professionista e vengono viste come un compenso per il professionista, concorrendo così alla formazione del reddito di lavoro autonomo e soggette perciò a ritenuta. Il professionista potrà poi dedurre il 75% dei costi. Quando invece è direttamente il committente a sostenere le spese di vitto e alloggio, la fattura sarà indirizzata a questi dal servizio di ristorazione e/o alberghiero che ha fornito la prestazione, senza che il professionista sia a conoscenza dei costi. Il professionista non deve perciò fare nulla, in quanto non avrà sostenuto alcun costo, mentre per il committente si applicheranno dei costi deducibili in base alla propria categoria di reddito.
Vi preghiamo di osservare la nota legale relativa a questo articolo.