Le pause lavorative: cosa stabilisce la legge italiana?
Il turno lavorativo di otto ore non causa solamente una diminuzione della produttività e della qualità del lavoro dopo un tot di tempo (la cosiddetta legge di Yerkes – Dodson, di cui potete leggere nell’ articolo sul principio di Pareto). A essere inficiata è infatti anche la salute del lavoratore. Per questo motivo le pause di lavoro sono regolate dalla normativa vigente in materia. Le norme stabiliscono infatti in che cosa consiste una pausa, la sua durata e la frequenza delle varie pause.
In che cosa consiste una pausa di lavoro?
Per definizione una pausa lavorativa corrisponde a un’interruzione dell'orario lavorativo. Lo scopo è quello di consentire il riposo e salvaguardare la salute del lavoratore. Inoltre le pause servono anche al mantenimento degli standard lavorativi, fornendo quindi un vantaggio concreto anche ai datori di lavoro, il cui successo dipende in parte dalle prestazioni fornite dai loro impiegati, salvaguardando i loro interessi. A onor del vero il sistema giuridico italiano non risulta particolarmente aggiornato, considerando che la normativa vigente si basa su un testo di legge del 1923.
Partendo dal concetto di pausa dal lavoro, la legge italiana prevede che ogni lavoratore ha diritto a un minimo di 11 ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. L’articolo 7 del D.L. 8 aprile 2003 n. 66 dal titolo Riposo giornaliero recita:
„Ferma restando la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata.“
Pause lavorative
Per quanto riguarda invece le pause durante il lavoro, la legge prevede che chiunque lavori un minimo di sei ore al giorno possa beneficiare di una sospensione del lavoro. A stabilire la modalità di fruizione dell’interruzione del lavoro sono i contratti collettivi di lavoro, frutto dell'accordo tra organizzazioni rappresentative dei lavoratori e le associazioni dei datori di lavoro che disciplinano le norme del rapporto di lavoro. Tuttavia la legge stessa stabilisce un tempo minimo di dieci minuti, da usufruire durante l’orario lavorativo giornaliero, sia all’interno che all’esterno del posto di lavoro, la cui collocazione temporale deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo.
Tuttavia, questa è la base di partenza. Infatti si suppone che i contratti collettivi per i singoli settori professionali stipulati dal 2003 a oggi migliorino le condizioni iniziali. Inoltre il datore di lavoro, a sua discrezione, può decidere di offrire delle regole interne all’azienda che siano ancora migliori rispetto a quando stabilito dalla legge e dai contratti collettivi. Il contrario non è invece ammesso, ovvero il datore di lavoro non può “peggiorare” le condizioni contenute all’interno dei contratti collettivi, così come i contratti collettivi non possono limitare quanto previsto dalla legge.
Eccezioni
Dalla pausa di 10 minuti sono tuttavia escluse quattro categorie di lavoratori:
- Collaboratori familiari
- Dirigenti, personale con funzioni direttive o potere decisionale
- Telelavoratori e lavoratori a domicilio
- Lavoratori mobili
Il motivo di questa esclusione è il fatto che i lavoratori facenti parte di queste categorie hanno la facoltà di decidere delle proprie pause di lavoro, dato che il loro orario di lavoro non è prestabilito in maniera fissa.
Monetizzazione delle pause lavorative
Legalmente i datori di lavoro non sono tenuti a retribuire ai lavoratori il tempo corrispondente alle pause di lavoro, la scelta infatti spetta ai singoli datori di lavoro o ai contratti collettivi sottoscritti. Allo stesso modo le pause minime sono previste per legge e quindi irrinunciabili. In quanto tale il lavoratore è costretto a usufruire delle pause lavorative, le quali non possono essere monetizzate.
Pause intermedie e pausa pranzo
Se fino ad ora abbiamo parlato di pause di lavoro che avvengono durante l’orario lavorativo, adesso introduciamo il concetto di pause intermedie. Anche queste interruzioni corrispondono a un periodo di inattività dalle proprie mansioni, tuttavia non rientrano all’interno dell’orario di lavoro ma tra due intervalli o turni di lavoro. Non essendo conteggiate nell’orario di lavoro, le pause di lavoro intermedie non sono retribuite, poiché per la durata della pausa il lavoratore non è a disposizione del datore di lavoro (se non diversamente concordato). L’eccezione in questo caso è rappresentata dai lavori a turno a ciclo continuo. Sebbene anche per loro la pausa corrisponda a un arco di tempo di inattività dal lavoro, questo fa però parte dell’orario di lavoro.
Esempi di condizioni specifiche per categoria
Lavoratori minorenni
I lavoratori che non hanno raggiunto i 18 anni di età hanno diritto a una pausa di un’ora per ogni 4 ore e mezzo di lavoro. Tramite i contratti collettivi è tuttavia possibile ridurre la pausa a un minimo di mezz’ora, ammesso che venga data l’autorizzazione necessaria da parte della direzione territoriale del lavoro (salvo alcune mansioni particolarmente pericolose o insalubri).
Videoterminalisti
Chi lavora davanti a un videoterminale, ovvero davanti a un monitor, ha diritto a una pausa di 15 minuti per ogni due ore di lavoro. Tuttavia la pausa non consiste obbligatoriamente nella sospensione dell’attività lavorativa, bensì può anche essere sostituita dall’esecuzione di mansioni che non prevedono l’utilizzo del videoterminale e che devono essere stabilite dai contratti collettivi. L’attesa di una risposta da parte del sistema elettronico va considerata come lavoro a tutti gli effetti.
Personale addetto al trasporto
Chi per lavoro si occupa del trasporto di merci e persone ha diritto a delle condizioni speciali per quel che riguarda l’interruzione dell’attività lavorativa: 30 minuti di pausa per una giornata lavorativa tra le 6 e le 9 ore e 45 nel caso in cui si superino le 9 ore al giorno.
Vi preghiamo di osservare la nota legale relativa a questo articolo.